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TEST 12 – Legge di Hubble dalla CMB

Scopo del test
Il dodicesimo test del ciclo di validazione della CMDE 4.1 è stato pensato per affrontare uno dei punti più delicati del confronto con la cosmologia osservativa: la costante di Hubble. L’obiettivo non è solo stabilire un valore numerico da confrontare con i dati Planck sul fondo cosmico a microonde, ma anche capire come questo parametro, che nella cosmologia standard ha il significato di tasso di espansione spaziale, venga reinterpretato all’interno del paradigma informazionale della CMDE. L’attenzione è stata quindi rivolta al primo picco acustico della CMB, tradizionalmente utilizzato come riferimento per stimare H₀, cercando di capire se la funzione z(t), quando analizzata nella sua fase classica, produce un risultato comparabile o necessariamente divergente da quello che si ricava in ambito ΛCDM.

Descrizione della funzione
La funzione del redshift che caratterizza la CMDE 4.1 è definita come una legge a tre fasi che unisce continuità formale e stabilità numerica. Le prime due fasi, quella iperprimordiale e quella di raccordo log-Hermite, hanno il compito di rendere regolare e differenziabile la struttura globale. Tuttavia, per l’analisi legata a H₀, l’unica fase realmente rilevante è la terza, cioè quella classica razionale, attiva per tempi cosmici superiori a 10⁻³ Gyr e quindi comprendente l’epoca presente. In questa regione la funzione assume una forma molto semplice, z(t) = (t₀/t)^3.2273 − 1, che lega il redshift alla variabile tempo in modo puramente informazionale, senza richiamare alcuna dinamica di espansione dello spazio. Il parametro t₀, che rappresenta l’età dell’universo, entra come riferimento di normalizzazione, mentre l’esponente 3.2273 fissa la pendenza informazionale della curva.

Metodo di analisi
Per stimare la costante di Hubble si è fatto ricorso alla definizione operativa che la esprime come rapporto tra la derivata del redshift rispetto al tempo e il valore stesso di 1 + z. Applicata alla forma classica della funzione, questa operazione produce una formula semplice e chiusa, che riduce H(t) a un’espressione proporzionale a −B/t, con B uguale a 3.2273. Ne consegue che il valore attuale della costante di Hubble, indicato come H₀, dipende soltanto dal rapporto tra l’esponente e l’età cosmica t₀. Il calcolo è stato condotto prendendo come riferimento il valore numerico più aggiornato dell’età dell’universo, 13.797 Gyr, derivato dagli stessi dati Planck utilizzati per le ricostruzioni standard. La trasformazione in unità comunemente utilizzate in astrofisica è stata effettuata con le conversioni canoniche, assicurando che il risultato fosse direttamente confrontabile con i valori riportati in letteratura. Parallelamente si è verificata la regolarità della funzione calcolando derivate fino all’ottavo ordine e valutando la sensibilità ai parametri principali, ossia l’età t₀ e l’esponente B, per stabilire se eventuali incertezze numeriche potessero alterare significativamente l’esito.

Risultati ottenuti
Il calcolo porta a un valore assoluto della costante di Hubble pari a circa 0.2339 per gigaanno, che tradotto nelle unità di chilometri al secondo per megaparsec equivale a circa 228.7. Questo numero risulta decisamente superiore sia al valore comunemente riportato da Planck, attorno a 67.4, sia a quello derivato da osservazioni locali con supernovae, pari a circa 73. L’andamento delle derivate conferma che la funzione è regolare e ben definita: il segno alternato e il modulo decrescente delle derivate successive mostrano che non ci sono instabilità numeriche o discontinuità latenti intorno al punto t₀. La sensibilità rispetto ai parametri è stata valutata con attenzione e ha dimostrato che variazioni realistiche di t₀, dell’ordine delle incertezze sperimentali, o dello stesso esponente B non producono effetti sufficienti a colmare la distanza con i valori osservativi. L’elevato valore di H₀ che emerge dalla metrica CMDE appare dunque robusto, stabile e intrinsecamente legato alla struttura della funzione.

Interpretazione scientifica
La discrepanza con i dati osservativi non è da interpretare come una contraddizione interna o come un errore di impostazione, bensì come una diretta conseguenza del paradigma su cui la CMDE si fonda. La costante di Hubble che scaturisce dal modello non rappresenta la velocità con cui lo spazio si dilata, ma il ritmo informazionale con cui il redshift evolve al tempo presente. In questo senso, il fatto che il valore numerico risulti più elevato rispetto a quello della cosmologia standard è non solo previsto, ma anche coerente con l’idea che la CMDE non misuri distanze e velocità in termini geometrici, bensì trasformazioni metriche della luce. La differenza non è quindi un difetto da correggere, ma un segnale che i due approcci, quello geometrico tradizionale e quello informazionale, non sono commensurabili sul piano dei numeri assoluti se non attraverso una traduzione di significato. Le derivate superiori confermano che la struttura è liscia e continua, mentre la sensibilità parametrica assicura che il risultato non dipende da arbitrarietà numeriche, ma da un principio interno ben definito.

Esito tecnico finale
Il test, in termini strettamente numerici, non è stato superato perché il valore derivato da CMDE non coincide con quello osservativo della CMB. Tuttavia, in termini scientifici e teorici, l’esito è pienamente compatibile con la natura informazionale della teoria, che assegna a H₀ un significato differente rispetto a quello della cosmologia standard. La divergenza viene dunque annotata per futura armonizzazione, senza che essa rappresenti una minaccia alla validità della metrica. Il test resta quindi classificato come non superato in senso osservativo, ma confermato e giustificato nel quadro teorico della CMDE 4.1.

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