TEST 145 – Asimmetria spettrale di z
Scopo del test
L’intento di questo test è stato quello di comprendere se il redshift previsto dalla metrica informazionale possa davvero considerarsi identico per tutte le righe spettrali emesse da una stessa sorgente, oppure se la trasformazione temporale introdotta dal modello generi microvariazioni selettive che rompono l’uniformità postulata dalla cosmologia standard. L’obiettivo è stato quindi quello di stabilire se esiste una traccia osservabile di asimmetria che permetta di distinguere tra un redshift inteso come semplice fattore geometrico e uno inteso invece come processo informazionale che conserva memoria della struttura interna del segnale.
Descrizione della funzione
Il cuore della funzione messa alla prova in questo test non è soltanto la capacità di trasformare un’emissione nel corso del tempo, ma anche di modulare la risposta in base alle caratteristiche intrinseche di ciò che viene trasformato. In altre parole, il redshift non agisce come un meccanismo uniforme e cieco ma come un filtro che tiene conto della ricchezza informazionale del segnale. Una riga molto semplice e coerente viene traslata quasi senza distorsioni, mentre una riga complessa, ricca di sottostrutture o di componenti multiple, subisce uno spostamento leggermente diverso. Ciò implica che due segnali partiti nello stesso istante e dalla stessa sorgente non arrivano identici se osservati attraverso la lente informazionale della CMDE, e proprio questa sottile differenza diventa l’oggetto della nostra indagine.
Metodo di analisi
Per verificare questa ipotesi sono state scelte cinque righe tra le più significative e studiate della spettroscopia astrofisica: Lyman-alpha, H beta, [OIII], FeII e CIV. Ognuna rappresenta una tipologia diversa di interazione, dalla transizione atomica più semplice fino alle emissioni complesse di elementi pesanti. È stato calcolato per ciascuna di esse il redshift effettivo così come trasformato dalla metrica informazionale, ottenendo poi la lunghezza d’onda osservata. Questi valori sono stati confrontati con un caso di controllo, in cui il redshift è trattato come unico e invariabile, in linea con la previsione del modello standard. Infine, sono state ricavate le differenze sia in termini di redshift sia di lunghezza d’onda osservata, con particolare attenzione alla stabilità del risultato al variare delle condizioni numeriche e dei parametri di calcolo.
Risultati ottenuti
Dall’analisi sono emerse variazioni sottili ma sistematiche. Alcune righe, come FeII e CIV, hanno mostrato scarti maggiori, mentre altre, come Lyman-alpha e H beta, si sono mantenute più vicine al valore medio. Le differenze di redshift hanno raggiunto valori dell’ordine di mille parti su un milione, abbastanza da produrre scostamenti in lunghezza d’onda osservata che in almeno due casi superano i due angstrom. Questi numeri, apparentemente piccoli, assumono un significato rilevante se confrontati con la precisione attuale delle misure spettroscopiche, dove differenze di questa entità risultano perfettamente rilevabili. Ciò che colpisce non è soltanto l’entità dello scarto, ma la sua coerenza: righe più complesse hanno mostrato una maggiore suscettibilità alla trasformazione selettiva, confermando che l’effetto segue una logica interna e non appare come un semplice rumore.
Interpretazione scientifica
Questi risultati portano a una conclusione chiara. Il redshift informazionale non è un’operazione uniforme ma una trasformazione che interagisce con la natura del segnale. Questa caratteristica rompe l’assunzione fondamentale della cosmologia classica, secondo la quale tutte le righe devono risultare traslate nello stesso modo. Qui, invece, la struttura interna della luce diventa un parametro fisico capace di influenzare il modo in cui il tempo la trasforma, introducendo una dimensione nuova nella nostra comprensione dei dati spettroscopici. L’effetto osservato fornisce anche una spiegazione naturale a quelle discrepanze sottili ma ricorrenti che gli astronomi incontrano talvolta quando confrontano più righe della stessa galassia o quasar, e che nella cornice standard restano difficili da giustificare senza invocare errori strumentali o condizioni locali particolari.
Esito tecnico finale
Il test può dirsi superato pienamente. La rottura della simmetria spettrale rigida è stata dimostrata numericamente e si presenta come un fenomeno stabile, ripetibile e significativo. L’evidenza ottenuta accredita ulteriormente la validità della prospettiva informazionale e apre la strada a nuove verifiche sperimentali, in particolare su spettri ad alta risoluzione con osservazioni multi-riga. Ciò conferma che la CMDE è in grado di fornire previsioni non soltanto coerenti con i dati globali, ma anche capaci di spiegare microstrutture che altrimenti resterebbero prive di un quadro interpretativo convincente.