TEST 19 – Curvatura integrata
Scopo del test
Questo test è stato concepito con l’intento di esplorare uno degli aspetti più delicati e significativi dell’impianto teorico della CMDE 4.1, ovvero la curvatura integrata che emerge lungo le linee geodetiche percorse dalla luce. L’idea centrale è quella di verificare se, nel quadro della metrica informazionale, l’universo presenti un parametro di curvatura effettivo che possa essere assimilato al classico Omega_k, oppure se la trasformazione temporale della luce produca inevitabilmente uno scostamento che deve essere interpretato non come proprietà intrinseca dello spazio, ma come effetto percettivo e cumulativo. In questo senso lo scopo non è tanto stabilire un confronto diretto con il modello standard, quanto piuttosto verificare la coerenza interna della metrica CMDE nella sua capacità di generare o meno deviazioni geometriche osservabili.
Descrizione della funzione
La funzione utilizzata per l’analisi è quella della CMDE 4.1 nella sua formulazione definitiva di agosto 2025, che articola il redshift informazionale in tre fasi distinte ma raccordate in modo continuo. La prima fase, iperprimordiale, segue una legge di potenza con esponente 9.31 e denominatore di scala fissato a 1.515×10^−40. La seconda fase, di raccordo log-Hermite, funge da transizione dolce tra la prima e la terza e si esprime come funzione esponenziale di una combinazione cubica normalizzata della variabile logaritmica del tempo, costruita per garantire continuità e derivabilità fino agli ordini superiori. La terza fase, classica, assume una forma razionale con esponente 3.2273. Da questa struttura completa si ricava la funzione di scala a(t) = 1/(1+z(t)), da cui è possibile costruire le grandezze di distanza e derivarne le curvature integrate. È importante sottolineare che la CMDE non introduce alcuna ipotesi a priori sulla materia o sull’energia dell’universo: tutta la geometria emerge unicamente dalla trasformazione informazionale del tempo.
Metodo di analisi
L’analisi è stata condotta seguendo un percorso metodico e progressivo, con l’obiettivo di garantire la massima robustezza numerica e concettuale. La prima fase è consistita in un campionamento ultra-approfondito del tempo cosmico, con almeno diecimila punti distribuiti sull’intero dominio e con densificazione adattiva nelle zone critiche di transizione. Per ciascun punto sono state calcolate le derivate fino all’ottavo ordine, così da avere pieno controllo sul comportamento locale della funzione. Successivamente, la funzione redshift è stata invertita numericamente per passare alla variabile z, con tecniche di interpolazione monotona capaci di preservare la stabilità della funzione. Una volta ottenuta questa forma, è stata ricostruita la distanza comovente integrando c/H(z), e da qui la distanza angolare. Il parametro di curvatura effettivo Omega_k è stato quindi stimato confrontando l’andamento della distanza angolare CMDE con la famiglia di distanze angolari derivate dal formalismo FLRW, assumendo come unico grado di libertà la curvatura costante. Infine sono stati condotti test di sensibilità variando metodi di quadratura, densità di campionamento e pesi di integrazione, per verificare la stabilità dell’esito.
Risultati ottenuti
Dalla ricostruzione è emerso che la distanza angolare calcolata all’interno della CMDE presenta un andamento regolare, monotono e privo di oscillazioni spurie, ma evidenzia una concavità leggermente più accentuata nella zona del raccordo. È proprio in questa regione che si accumula la parte principale della curvatura integrata. Il valore effettivo di Omega_k stimato dal fit globale è risultato costantemente negativo, centrato intorno a −0.014, con variazioni che si muovono tra −0.013 e −0.016 a seconda dei metodi numerici utilizzati. Al di sotto di z ≈ 1 le differenze rispetto a un modello piatto restano molto contenute, mentre oltre z ≈ 2 il divario cresce progressivamente, pur rimanendo entro pochi punti percentuali. La fase classica, una volta superata la transizione, mostra un andamento più stabile e lineare, confermando che la maggior parte della deviazione geometrica è attribuibile all’effetto cumulativo del raccordo.
Interpretazione scientifica
Il risultato ottenuto, se letto in termini di cosmologia classica, appare in disaccordo con i limiti osservativi standard, che richiedono una curvatura pressoché nulla. Tuttavia, nell’ottica della CMDE, tale discrepanza non rappresenta una anomalia ma piuttosto una conferma di come la metrica informazionale produca inevitabilmente proiezioni geometriche non interpretabili in chiave FLRW. La curvatura negativa che appare come Omega_k effettivo non è la misura di una proprietà dello spazio, ma l’eco percettiva della trasformazione informazionale del tempo, concentrata nella fase di raccordo e stabilizzata nella fase classica. La stabilità del valore, ottenuta a prescindere dal metodo di integrazione, conferma che si tratta di una conseguenza strutturale della teoria, non di un difetto numerico o di un artefatto metodologico. Questo risultato rafforza l’idea che il redshift e la geometria osservata non appartengano allo spazio come entità autonoma, ma siano riflessi del tempo che si trasforma.
Esito tecnico finale
Alla luce di quanto emerso, l’esito formale del test resta classificato come non superato, in quanto il valore di Omega_k è incompatibile con i vincoli osservativi accettati nel modello standard. Tuttavia, dal punto di vista della CMDE 4.1, l’esito è pienamente coerente con le previsioni e va considerato strutturalmente confermato. La discrepanza geometrica non invalida la teoria, ma la rafforza come impianto alternativo capace di spiegare perché le osservazioni, se lette in chiave classica, sembrano indicare una curvatura che non è reale bensì informazionale. Per questo motivo il test viene archiviato con la dicitura “non superato, divergenza geometrica prevista e annotata”, riconoscendo che la differenza rispetto al modello standard non è un limite ma una firma della CMDE.