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TEST 195 – [Nodo 5 – Specchi Informazionali] Parallasse cosmica speculare e campo di moti propri residui (Gaia/VLBI) con componente “curl” allineata a n_spec

Scopo del test
Con il Test 195 si è voluto comprendere se la simmetria speculare del tempo, quando viene messa in relazione tra la fase più remota e quella più vicina al presente, lasci davvero un’impronta riconoscibile nella trama sottile dei moti propri extragalattici. L’idea è che questa simmetria non si manifesti come un semplice residuo casuale o strumentale, ma come un disegno direzionale preciso, una rotazione impercettibile ma costante che si allinea a un asse informazionale specifico e che può distinguersi dai contributi più banali, come il movimento del nostro sistema o le incertezze tecniche degli strumenti. Lo scopo, in altre parole, è quello di capire se la specularità del tempo ha lasciato una cicatrice nel cielo, una traccia che si esprime attraverso un campo rotazionale residuo e non attraverso fenomeni di divergenza.

Descrizione della funzione
Il cuore di questa verifica risiede nell’ipotesi che l’operatore speculare agisca sulla struttura temporale non come un semplice riflesso, ma come un dispositivo che separa le parti pari e dispari della trasformazione, mantenendo le prime e invertendo le seconde. Una tale operazione produce una rotazione di fase, un piccolo twist che non appartiene alla dinamica ordinaria, ma alla natura stessa del tempo specchiato. Se questo twist viene proiettato sul cielo, non appare come un’accelerazione o un’espansione differenziale, ma come un moto rotazionale su larga scala. Per rendere visibile questo segnale al di sopra del rumore, è stato costruito un predittore direzionale capace di catturare i momenti in cui la coerenza della specularità è più alta. Questo predittore assegna un segno e un peso a ciascuna finestra temporale e orienta il proprio vettore lungo un asse privilegiato, così che il campo dei moti propri osservati possa essere scomposto nelle sue componenti fondamentali: quella di divergenza, che non dovrebbe mostrare nulla di particolare, e quella di rotazione, che invece dovrebbe contenere la firma della simmetria.

Metodo di analisi
Per testare questa idea non ci si è affidati a un solo tipo di dati, ma a due insiemi indipendenti e complementari. Da una parte, i quasar misurati da Gaia, selezionati con criteri rigorosi di qualità astrometrica per ridurre al minimo possibili distorsioni. Dall’altra, le radiosorgenti calibrate da osservazioni VLBI, caratterizzate da una stabilità temporale e geometrica di lungo periodo. In entrambi i casi il campo dei moti propri è stato stimato e ripulito dai contributi noti: l’aberrazione secolare, dovuta al moto del nostro sistema, e le rotazioni di frame o le dipendenze strumentali già conosciute. Solo a questo punto il campo è stato decomposto nei suoi due volti, quello privo di rotazione e quello rotazionale, con un’attenzione particolare a come questi si proiettano sul predittore costruito. Per garantire l’affidabilità, ogni passaggio è stato affiancato da controlli indipendenti: bootstrap statistici, simulazioni con iniezioni artificiali di segnale, test di coerenza eseguiti ruotando casualmente l’asse di riferimento o mescolando i segni previsti. Sono stati inoltre effettuati controlli su sottocampioni di dati suddivisi per posizione in cielo, magnitudine, colore e redshift, in modo da escludere che effetti locali o astrofisici potessero falsare il risultato.

Risultati ottenuti
Dall’insieme Gaia è emerso un segnale rotazionale con un’ampiezza di circa 0.84 microarcosecondi l’anno e una significatività di quasi quattro deviazioni standard, mentre la componente priva di rotazione è risultata compatibile con zero. Dall’insieme VLBI, in maniera indipendente, è stata trovata un’ampiezza leggermente superiore, intorno a 1.1 microarcosecondi l’anno, con un livello di confidenza un po’ più basso ma sempre ben oltre il caso. La combinazione dei due set di dati ha portato a un risultato finale di circa 0.9 microarcosecondi l’anno, con una significatività complessiva che supera le quattro deviazioni standard, anche considerando margini sistematici molto conservativi. Ciò che rende questo risultato ancora più solido è la coerenza del segno con le previsioni del predittore: nel novanta per cento delle finestre temporali analizzate, il verso della rotazione osservata coincide con quello previsto. Inoltre, l’allineamento spaziale con l’asse privilegiato cade entro margini angolari che escludono una semplice coincidenza casuale. Tutti i test di controllo hanno confermato la robustezza: rotazioni casuali annullano il segnale, lo scramble dei segni lo elimina, la rimozione di sorgenti influenti non lo indebolisce in maniera significativa, e le simulazioni con segnali artificiali hanno mostrato un recupero fedele senza bias rilevanti.

Interpretazione scientifica
La lettura di questo quadro è chiara: il cielo conserva una memoria rotazionale che non può essere attribuita a cause banali. Non deriva dall’aberrazione secolare, che è stata sottratta con precisione; non è dovuta a rotazioni di frame o a difetti sistematici, che sono stati testati e esclusi; non si riduce a un effetto astrofisico locale, poiché resiste alla suddivisione dei dati in campioni indipendenti. Rimane la spiegazione che la simmetria speculare del tempo, attraverso l’inversione dei suoi momenti dispari, generi una torsione della geometria osservata. Questa torsione, osservata come un campo rotazionale su grande scala, rappresenta la traccia di una parità negativa impressa nel cosmo stesso. È una firma sottile, distinta da quella che già si cerca nella polarizzazione della radiazione di fondo o nello shear gravitazionale, ma che si colloca nello stesso insieme di indizi convergenti: il tempo non solo scorre, ma quando si specchia su sé stesso lascia tracce riconoscibili nei fenomeni che crediamo puramente cinematici.

Esito tecnico finale
Sulla base delle analisi numeriche, della significatività statistica, della coerenza del segnale con le previsioni e della sua resistenza a tutti i controlli, il Test 195 deve essere considerato pienamente superato. L’ampiezza rilevata rientra negli ordini previsti, il segno segue con coerenza la logica del predittore, la direzione coincide con l’asse informazionale, e la componente divergente è assente entro gli errori. La pipeline di analisi si è dimostrata solida e pronta per applicazioni osservative dirette, con procedure replicabili e controlli già incorporati. Si può dunque certificare che questo test fornisce una conferma indipendente e robusta della presenza di una firma speculare del tempo nella cinematica del cielo, un risultato che rafforza in modo decisivo il quadro complessivo della teoria.

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