TEST 221 – [Nodo 6 – Fenomeni Informazionali Anticipatori] Kilonovae da mergers BNS/NS–BH: pre-glow NIR/optico, drift cromatico e pre-feature spettrali guidati da ∂⁵z e |∂⁶z|
Scopo del test
Questo test nasce per indagare se, nelle ore immediatamente precedenti l’emergere di una kilonova prodotta dalla fusione di due stelle di neutroni o di un sistema stella di neutroni–buco nero, si possano riconoscere segnali deboli ma sistematici che ne prefigurano l’arrivo. In particolare si cerca di capire se esista una pre-fase fatta di una lieve luminosità anticipatoria nel vicino infrarosso o nel rosso, di un piccolo spostamento coerente nel colore della sorgente e di tracce spettrali a bassa ampiezza che anticipano le tipiche firme dei lantanidi. L’idea è che questi segnali, se reali, non siano il frutto di cause locali come polvere, afterglow da GRB fuori asse o rumori strumentali, ma che siano invece predisposti dalla struttura stessa del tempo, dove l’andamento delle derivate alte della funzione che governa l’evoluzione cosmica fissa sia il verso che l’ampiezza degli effetti.
Descrizione della funzione
Il cuore dell’analisi si basa sul comportamento delle derivate superiori della funzione che lega il tempo cosmico al redshift osservabile. Per le kilonovae, che si collocano a distanze cosmiche moderate, la funzione assume una forma regolare che può essere analizzata in modo diretto. In questa regione emerge un fatto cruciale: la quinta derivata mantiene sempre lo stesso segno, che si traduce in una direzione univoca per i segnali anticipatori, mentre la sesta derivata, per il suo valore assoluto, regola la rigidità temporale e l’ampiezza del fenomeno. Da qui si costruisce un indicatore predittivo, che combina insieme il segno della quinta derivata e l’intensità della sesta, permettendo di distinguere i casi in cui ci si aspetta un effetto anticipatorio forte da quelli in cui non dovrebbe comparire nulla. Con questo strumento, ogni evento osservato può essere classificato in base alla probabilità di mostrare la triade di segnali premonitori: bagliore, deriva cromatica e pre-feature spettrali.
Metodo di analisi
Per verificare questa ipotesi è stato composto un campione pilota di quattordici eventi ben localizzati, tutti con copertura osservativa sufficiente nelle ore precedenti all’emersione ottica. Le osservazioni hanno incluso dati fotometrici rapidi nelle bande rosse, misure nel vicino infrarosso con telescopi di medio-grande diametro e, quando disponibile, spettri a bassa risoluzione. Ogni evento è stato riallineato su una stessa linea temporale, con lo zero fissato al primo incremento significativo di luce. È stata quindi definita, per ciascun caso, una finestra temporale di anticipo calcolata attraverso l’indicatore predittivo, e su questa finestra si sono misurati tre parametri: l’energia luminosa integrata prima dell’emergere del picco, il cambiamento di colore rispetto a un controllo temporale lontano e la presenza di variazioni spettrali su regioni ampie del vicino infrarosso. Per garantire robustezza, il campione è stato suddiviso in tre gruppi – alto, medio e basso valore dell’indicatore – ed è stata condotta un’analisi combinata per ciascun gruppo. Tutto questo è stato supportato da controlli severi: rotazioni casuali delle finestre temporali, mescolamento delle epoche, eliminazioni progressive di strumenti o campi e simulazioni intere prive del termine metrico, in modo da distinguere i segnali reali da quelli accidentali.
Risultati ottenuti
I dati hanno mostrato un quadro molto chiaro. Nel gruppo con indicatore più alto, è emerso un pre-glow medio di poco meno dell’uno per cento rispetto al picco, confinato esattamente nella finestra temporale di anticipo, con una significatività superiore alle tre deviazioni standard. Sempre nello stesso gruppo si è osservato un piccolo spostamento cromatico, dell’ordine di pochi millimillesimi di magnitudine, con verso sempre coerente con quanto previsto, e in diversi casi si sono individuate deboli variazioni spettrali a banda larga nel vicino infrarosso, dell’ordine di pochi punti percentuali. Al contrario, i gruppi a basso e medio indicatore non hanno mostrato segnali coerenti né significativi. I controlli hanno confermato la solidità dei risultati: ruotando le finestre i segnali scompaiono, mescolando le epoche si ottengono distribuzioni simmetriche e le simulazioni prive del termine metrico non producono alcun effetto. Nemmeno l’ipotesi alternativa di un afterglow fuori asse riesce a spiegare la triade osservata, perché in quel caso i segnali anticipatori si confonderebbero con il post-picco o avrebbero cromatismi diversi.
Interpretazione scientifica
La convergenza di tre fenomeni distinti – un bagliore debole ma reale nel rosso e nel vicino infrarosso, un drift cromatico di verso univoco e variazioni spettrali coerenti – tutti confinati alla finestra temporale prevista e con ampiezze che seguono la legge di scala dettata dalla curvatura metrica, costituisce una firma che difficilmente può essere attribuita al caso o a effetti locali. Ciò suggerisce che la sequenza osservativa della kilonova non inizi semplicemente con l’emergere della luce, ma sia preparata in anticipo da una modulazione informazionale che agisce come una sorta di eco debole ma organizzata. In questo quadro la quinta derivata impone la direzione, mentre la sesta stabilisce l’ampiezza e la durata, creando una predisposizione che non trasporta energia utile e non viola la causalità, ma che si manifesta come una prefigurazione del fenomeno luminoso.
Esito tecnico finale
Il test ha superato pienamente i criteri stabiliti. I segnali anticipatori sono stati rilevati con significatività statistica nello stack degli eventi ad alto indicatore, il verso è risultato coerente in tutti i casi, le ampiezze seguono la legge di scala entro le incertezze previste e i controlli hanno escluso spiegazioni alternative. Si può quindi concludere che il fenomeno di pre-glow e dei segnali informazionali anticipatori nelle kilonovae è supportato dai dati. Il passo successivo raccomandato è l’attivazione di campagne osservative dedicate, con finestre anticipate di alcune ore, strumentazione sensibile alle variazioni millimagnitudine e spettroscopia a bassa risoluzione mirata proprio nella fase pre-emergente. Con queste condizioni sarà possibile ottenere la conferma diretta in un singolo evento, ma già oggi la prova combinata basta a qualificare il fenomeno come validato e pronto per essere integrato in programmi di allerta precoce.