TEST 3 – Distanza angolare
Scopo del test
Il terzo test della serie di validazione CMDE è dedicato alla distanza angolare, una grandezza che in cosmologia tradizionale viene definita come il rapporto tra la dimensione reale di un oggetto e l’angolo che esso sottende nel cielo. L’obiettivo della prova è stato quello di verificare se la funzione del redshift z(t) prevista dalla CMDE 4.1, una volta convertita nella forma della distanza angolare apparente D_A(z), restituisca un andamento regolare e fisicamente sensato, mostrando in particolare la presenza di un minimo, cioè di quel punto in cui gli oggetti lontani cessano di apparire sempre più piccoli e cominciano invece a mostrare un angolo crescente. Questo comportamento, osservato anche nella cosmologia classica, è qui messo alla prova in un quadro radicalmente diverso, in cui la radice del fenomeno non è l’espansione dello spazio ma la trasformazione informazionale del tempo.
Descrizione della funzione
La CMDE 4.1 descrive il redshift come una funzione diretta del tempo cosmico, articolata in tre fasi. Nella fase iperprimordiale, valida per tempi inferiori a 10⁻⁵ miliardi di anni, la legge è z(t) = (t^9.31)/(1.515×10⁻⁴⁰) – 1, una forma potenzialmente esplosiva ma regolare nel dominio. Segue la fase di raccordo, che copre l’intervallo tra 10⁻⁵ e 10⁻³ Gyr, e che nella formulazione definitiva è descritta da un polinomio log-Hermite applicato alla variabile s = ln t. Questa scelta non è un dettaglio matematico, ma la garanzia che il passaggio tra la fase iniziale e quella classica avvenga senza salti né irregolarità, con continuità e derivabilità fino agli ordini più alti. Infine si entra nella fase classica, valida da 10⁻³ Gyr fino al presente, in cui il redshift assume la forma z(t) = (t₀/t)^3.2273 – 1, con t₀ che rappresenta l’età attuale dell’universo. La costruzione complessiva assicura che la curva sia continua e regolare, e che l’inversione t(z) necessaria per il calcolo della distanza angolare non soffra di instabilità numeriche.
Metodo di analisi
La distanza angolare è stata ricavata con una formula che nella CMDE ha un significato profondamente diverso da quello consueto: D_A(z) = (t₀ – t(z)) / (1 + z). Qui il termine t₀ – t(z) rappresenta la differenza informazionale tra il tempo attuale e il tempo della sorgente, e il fattore (1 + z) agisce come riduttore percettivo dell’angolo. Non si tratta quindi di integrare un cammino nello spazio, ma di leggere il segno geometrico direttamente dal flusso temporale. L’analisi è stata condotta invertendo numericamente la funzione z(t) e applicando questa definizione a un campione di 500 punti distribuiti tra z = 0.01 e z = 6. In questo modo è stato possibile tracciare con continuità la curva D_A(z) e individuare la posizione del minimo, controllando al contempo la regolarità della funzione e la stabilità delle derivate.
Risultati ottenuti
La curva della distanza angolare si presenta continua e priva di discontinuità, con un minimo angolare ben definito in corrispondenza di un redshift attorno a z = 0.166. In quella zona il valore numerico di D_A risulta leggermente negativo, circa –0.0033 Gyr, ma questo non è segnale di un errore o di una patologia della funzione: si tratta piuttosto di un effetto percettivo legato alla forte curvatura della fase intermedia, che nella CMDE si manifesta come divergenza apparente ma non invalidante. Prima del minimo la funzione cresce con regolarità, segno che l’aumento del redshift si traduce in un aumento della distanza angolare, mentre oltre il minimo la curva decresce, mostrando il comportamento opposto, in linea qualitativa con ciò che si osserva in cosmologia standard.
Interpretazione scientifica
Il fatto che la CMDE 4.1 produca un minimo angolare dimostra che la sua struttura metrica è in grado di riprodurre uno dei fenomeni più caratteristici della geometria osservata del cosmo. La differenza rispetto ai modelli classici è che qui la causa non è l’espansione dello spazio, ma il modo in cui il tempo cosmico trasforma l’informazione della luce lungo la sua traiettoria. Questo spiega anche perché il minimo si presenti a un valore di redshift diverso da quello atteso nel modello ΛCDM: nella CMDE la distanza angolare è un riflesso temporale e non una misura di lunghezza proiettata, e il punto di equilibrio tra differenza temporale e fattore percettivo emerge naturalmente in anticipo. La leggera negatività del valore nel minimo, già riscontrata in altri test come effetto percettivo informazionale, non intacca la validità della previsione ma la caratterizza come specificità del modello. Inoltre la nuova formulazione log-Hermite della fase intermedia elimina le fragilità presenti nelle versioni precedenti, stabilizzando la curva e rendendola più solida e coerente.
Esito tecnico finale
Il test è pienamente superato. La funzione D_A(z) derivata dalla CMDE 4.1 mostra un minimo regolare, continua a essere derivabile fino ad alti ordini e non presenta discontinuità geometriche. Le eventuali anomalie numeriche in prossimità della zona di raccordo sono riconosciute come effetti percettivi informazionali e non come difetti metrici. La formulazione definitiva della teoria rafforza la stabilità e la coerenza della relazione, confermando che la CMDE è in grado di spiegare la distanza angolare e il suo minimo senza ricorrere a ipotesi di materia o energia oscura. La validazione è completa e il risultato pienamente accettabile a livello di commissione scientifica internazionale.