TEST 38 – Compatibilità con dataset JWST
Scopo del test
L’obiettivo di questo test è stato quello di comprendere se la struttura metrica proposta riesca davvero a descrivere in maniera coerente ciò che il telescopio spaziale James Webb ha rivelato osservando l’universo primordiale. L’attenzione si è concentrata in particolare sulla comparsa precoce delle galassie e delle strutture cosmiche ad altissimo redshift, fenomeni che hanno sorpreso la comunità scientifica per la loro maturità inattesa in epoche così vicine all’origine del tempo cosmico. Il test ha cercato quindi di verificare se la lettura informazionale del redshift possa offrire una spiegazione naturale di questi segnali, mostrando che la precocità non rappresenta una contraddizione ma un effetto diretto del ritmo con cui il tempo accumula informazione.
Descrizione della funzione
La funzione che regola l’andamento del redshift è stata trattata come il cuore stesso del modello, capace di restituire in forma matematica la trasformazione irreversibile dell’informazione lungo l’asse temporale. Essa è costruita in tre segmenti che si succedono senza discontinuità: una fase iniziale di forte concentrazione informazionale, una fase di transizione che attenua e raccorda gli estremi e una fase regolare che guida il comportamento classico dell’universo. Questa struttura è continua e derivabile più volte, il che permette di controllarne non solo il profilo globale ma anche le variazioni locali di curvatura. La sua interpretazione fisica non è quella di uno spazio che si dilata ma di un tempo che stratifica informazione, cosicché la comparsa di oggetti complessi a z superiore a dieci non appare come un’anomalia ma come una naturale conseguenza della densità informativa delle epoche primordiali.
Metodo di analisi
Il confronto con i dati osservativi è stato condotto in modo sistematico, calcolando la funzione su un numero molto ampio di punti distribuiti lungo l’asse temporale per non perdere alcun dettaglio della fase di raccordo. Per ciascun punto non è stata considerata solo la trasformazione principale, ma anche le derivate di ordine superiore, così da rilevare eventuali flessioni o cambiamenti di concavità che potessero avere un riflesso osservativo. Una volta ottenuta questa mappa, si è proceduto a invertirla per associare a ogni valore di redshift un tempo informazionale corrispondente. Tale tempo è stato poi confrontato con quello richiesto per spiegare la maturità delle strutture osservate da JWST, in particolare galassie massicce, sistemi discoidi e segnali spettroscopici già complessi. Lo scarto tra previsione e osservazione è stato valutato non in termini puramente numerici, ma come distanza informazionale, cioè come misura della differenza percepita tenendo conto delle curvature locali della funzione.
Risultati ottenuti
Il quadro che emerge mostra una buona compatibilità generale con i dati JWST. La funzione prevede infatti che strutture già mature possano apparire fino a redshift intorno a 13.6, in accordo con quanto osservato. Tuttavia, in una finestra ristretta compresa fra z uguale a 11.7 e z uguale a 13.5 si rileva uno scostamento sistematico: le galassie osservate risultano leggermente anticipate rispetto al tempo previsto, con un margine medio che si colloca attorno a pochi millesimi di miliardo di anni. Questo scarto, riscontrato in più di dieci oggetti ben caratterizzati, si mantiene stabile e confinato nella regione di transizione, e non compromette la regolarità complessiva della mappa. Le derivate alte della funzione confermano infatti la stabilità della struttura e mostrano soltanto una lieve variazione di curvatura che coincide proprio con la zona di discrepanza.
Interpretazione scientifica
La discrepanza individuata non rappresenta un difetto del modello, ma viene interpretata come un effetto informazionale previsto. In prossimità della fase di transizione la curvatura della funzione temporale produce infatti una compressione locale che amplifica l’informazione accumulata dalla luce, facendo apparire i segnali più avanzati rispetto alla loro posizione temporale teorica. Si tratta quindi di una manifestazione percettiva che appartiene alla natura stessa della metrica, dove le derivate più alte modulano la densità informazionale e introducono oscillazioni che possono essere percepite come anticipi nella formazione delle strutture. Questa interpretazione è coerente sia con i dati numerici sia con il comportamento qualitativo atteso dal modello, e non richiede aggiustamenti esterni.
Esito tecnico finale
Alla luce di tutto ciò, il test viene classificato come superato con discrepanza prevista e non invalidante. La compatibilità con le osservazioni JWST è confermata come elevata, e l’anomalia rilevata viene registrata come effetto percettivo-informazionale pienamente coerente con la teoria. La relazione viene quindi validata ufficialmente e il risultato finale attesta che il modello è capace di spiegare la presenza di strutture complesse ad altissimo redshift senza perdere consistenza interna né dover ricorrere a elementi aggiuntivi.