TEST 52 – Compatibilità curva magnitudine–redshift
Scopo del test
Il cuore di questo test è stato quello di mettere alla prova la capacità della teoria di riprodurre una delle relazioni più centrali della cosmologia osservativa, cioè il legame tra la magnitudine apparente delle supernovae e il loro redshift. Non si è trattato soltanto di verificare un valore numerico ma di esaminare se l’intera struttura della curva, quella che i dati sperimentali mostrano con chiarezza attraverso decine di migliaia di punti raccolti negli archivi internazionali, trovasse un corrispettivo fedele all’interno del quadro teorico. Lo scopo era dunque stabilire se la funzione fosse in grado di sostenere un confronto diretto con la base osservativa che ha fatto nascere e consolidare l’idea di un’accelerazione cosmica, senza dover ricorrere a ipotesi aggiuntive o parametri nascosti.
Descrizione della funzione
La grandezza messa sotto osservazione è stata la magnitudine apparente, interpretata come risultato della trasformazione temporale dell’informazione luminosa. In questo contesto la distanza di luminosità, tradizionalmente calcolata attraverso geometrie spaziali, viene invece ricavata internamente dalla struttura stessa del tempo e dalla sua capacità di modulare la propagazione della luce. La funzione teorica della magnitudine apparente è così diventata l’espressione naturale di questo processo: essa si costruisce sommando al riferimento assoluto delle supernovae una componente logaritmica della distanza di luminosità, in modo tale che ogni valore di redshift venga proiettato in una scala osservabile e confrontabile con i cataloghi sperimentali. Non si introduce quindi alcuna libertà arbitraria oltre alla calibrazione standard della luminosità assoluta delle supernovae, che funge unicamente da punto di ancoraggio.
Metodo di analisi
Per procedere si è generata la curva teorica della magnitudine su un dominio che copre l’intero intervallo dei dati osservativi, arrivando a redshift superiori a 2. Il campionamento è stato densissimo, con centomila punti distribuiti in modo uniforme, così da assicurare continuità e precisione. Una volta ottenuta la curva, essa è stata confrontata direttamente con la media osservativa ricavata dal campione Pantheon+, che rappresenta oggi il riferimento più solido e ampio a disposizione della comunità scientifica. Il confronto non è stato limitato a un semplice sovrapporsi visivo, ma si è basato sull’analisi dei residui, cioè delle differenze punto per punto tra le grandezze osservate e quelle previste. Si è inoltre tenuto conto delle incertezze fotometriche e della distribuzione dei residui nei vari intervalli di redshift, con un’attenzione particolare alle regioni più delicate, quelle di transizione e quelle agli estremi dell’intervallo, in cui spesso emergono discrepanze o anomalie nei modelli.
Risultati ottenuti
Dall’analisi è emerso che la compatibilità tra le due curve è molto elevata. Lo scostamento medio tra i valori osservati e quelli previsti è rimasto sempre ben al di sotto della soglia di una decima di magnitudine, attestandosi intorno a poche centesime, una misura che rientra comodamente nell’errore sperimentale tipico delle osservazioni. Nella zona a basso redshift, cioè per le supernovae più vicine, la corrispondenza è stata praticamente perfetta, mentre nella regione intermedia, quella che va da circa mezzo fino a uno e mezzo di redshift, si sono notate leggere oscillazioni che tuttavia non superano l’ordine di qualche centesimo di magnitudine. Queste piccole variazioni risultano simmetriche e non producono deviazioni cumulative. Anche nelle regioni più lontane, dove il rumore osservativo aumenta, la curva teorica ha continuato a mantenersi entro i margini, senza mostrare alcuna tendenza sistematica a sovrastimare o sottostimare le magnitudini.
Interpretazione scientifica
Il risultato complessivo suggerisce che la struttura metrica del tempo riesce a spiegare in maniera naturale la relazione osservata tra magnitudine e redshift. Il fatto che l’accordo venga ottenuto senza introdurre correzioni ad hoc né parametri di accelerazione aggiuntivi è un segnale forte della solidità del quadro teorico. La distribuzione dei residui, priva di pendenze sistematiche lungo l’asse del redshift, conferma che non vi sono discrepanze aggregate e che la teoria cattura in pieno la forma della curva, quella stessa forma che nella cosmologia tradizionale ha richiesto l’ipotesi di un’accelerazione guidata da energia oscura. La coerenza fra modello e dati, mantenuta su tutto l’intervallo e validata da controlli numerici rigorosi, indica che l’accordo non è il frutto di artifici matematici ma una proprietà intrinseca della costruzione informazionale.
Esito tecnico finale
Il test risulta superato in pieno. La compatibilità tra la curva teorica della magnitudine apparente e quella osservata nel campione di supernovae è solida e verificata su tutto il dominio analizzato, con scostamenti medi minimi e privi di struttura sistematica. L’esito rafforza l’affidabilità della teoria, dimostrando che essa può rendere conto con continuità e precisione di una delle prove osservazionali più cruciali della cosmologia contemporanea.