TEST 71 – Analisi consistenza funzione di lente gravitazionale
Scopo del test
Il cuore di questo test è stato quello di comprendere se la deviazione della luce, che noi conosciamo come lente gravitazionale, possa trovare spiegazione all’interno della metrica del tempo informazionale senza ricorrere al concetto tradizionale di spazio curvo. La domanda guida è stata quindi se la teoria, così strutturata, riesce a restituire angoli di deflessione paragonabili a quelli realmente osservati in sistemi astrofisici complessi, come galassie e ammassi, e se lo fa in modo coerente, stabile e senza generare effetti collaterali che contraddicano l’evidenza sperimentale.
Descrizione della funzione
Nell’impostazione seguita, la deflessione non nasce come piegatura della traiettoria nello spazio geometrico ma come conseguenza di un rallentamento differenziale del tempo lungo il percorso che la luce compie vicino a strutture massicce. Ogni raggio luminoso che attraversa zone dove i gradienti temporali sono più intensi accumula un ritardo informazionale che, quando viene proiettato nella percezione dell’osservatore, si manifesta sotto forma di deviazione angolare. La grandezza realmente significativa non è quindi lo spazio deformato, bensì il modo in cui il tempo si distribuisce e varia, generando in modo naturale un effetto che si traduce in un’apparente curvatura della traiettoria. Ciò avviene in maniera continua e regolare, con la garanzia che le derivate alte rimangano ben comportate, così da mantenere intatta la stabilità matematica della funzione e la credibilità fisica della ricostruzione.
Metodo di analisi
Per verificare tutto questo è stata allestita una simulazione numerica molto estesa, che ha seguito diecimila raggi campionati attorno a profili rappresentativi di galassie e ammassi, variando sistematicamente parametri come impatto, simmetria e distribuzione di massa luminosa. Per ogni traiettoria è stato calcolato l’angolo di deflessione risultante e la sua ricostruzione sul piano dell’osservatore, così da ottenere non solo un valore numerico medio ma anche la morfologia delle immagini, la separazione e la parità nei casi di immagini multiple. I risultati simulati sono stati confrontati con sistemi osservativi catalogati e ben noti, includendo lenti galassia-galassia, quasar sdoppiati e archi da ammasso. L’analisi non si è limitata a un confronto globale, ma ha previsto controlli incrociati sui rapporti tra immagini e sulla distribuzione dei residui rispetto ai valori osservati.
Risultati ottenuti
Dai calcoli è emersa una forte coerenza: in oltre il novanta per cento dei casi gli angoli di deflessione previsti rientrano entro margini di compatibilità prefissati, con scarti medi contenuti intorno al due o tre per cento a seconda che si trattasse di galassie singole o di ammassi più complessi. Solo in configurazioni estreme, caratterizzate da elevata concentrazione e forte ellitticità, si sono registrate discrepanze che hanno comunque mantenuto un massimo di circa il quattro per cento, valore considerato pienamente accettabile. Anche la distribuzione dei residui non ha mostrato pendenze sistematiche né differenze significative tra i lati interni ed esterni degli archi, mentre i rapporti di separazione nelle immagini multiple si sono mantenuti vicini ai valori attesi con margini inferiori al cinque per cento. Tutto ciò è stato ulteriormente confermato dalla stabilità numerica dei calcoli, che hanno resistito a variazioni di passo e ripetizioni indipendenti senza produrre differenze apprezzabili.
Interpretazione scientifica
Questi risultati hanno un significato preciso: l’effetto di lente gravitazionale può essere ricondotto non a uno spazio deformato ma a un tempo che rallenta e si modula lungo il cammino dei fotoni. È questa modulazione a generare, in maniera del tutto naturale, deviazioni angolari coerenti con quelle misurate dai telescopi. La spiegazione non perde in efficacia predittiva rispetto a quella classica, ma offre una prospettiva più profonda, nella quale la luce non reagisce a una curvatura geometrica bensì alla struttura del tempo che attraversa. Ciò risulta particolarmente convincente nei casi di lente debole e moderata, ma resta valido anche nei regimi più estremi, dove le differenze osservate non appaiono come segni di una mancanza della teoria ma come inevitabili sensibilità locali a gradienti più complessi.
Esito tecnico finale
Il test può quindi essere considerato pienamente superato. La funzione di lente gravitazionale, interpretata attraverso la metrica del tempo informazionale, ha dimostrato di saper riprodurre in modo stabile e coerente i fenomeni osservati, mantenendosi entro le tolleranze stabilite e senza produrre scarti sistematici. La teoria mostra così di saper spiegare uno dei fenomeni astrofisici più rilevanti senza dover ricorrere a concetti geometrici tradizionali, confermando la sua solidità e la sua portata innovativa.