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TEST 74 – Analisi sensitività ai dati di formazione stellare

Scopo del test
Il senso di questo test è stato quello di valutare se l’impianto teorico, basato sulla trasformazione informazionale del tempo, sia in grado di rispondere in maniera stabile e coerente a una delle verifiche più delicate in cosmologia osservativa, cioè il confronto con la storia della formazione stellare. Non si tratta solo di verificare una coincidenza numerica ma di capire se la dinamica temporale proposta sia sufficientemente sensibile da riprodurre, senza artifici esterni, il ritmo di crescita, di picco e di declino che gli osservatori più avanzati hanno tracciato per l’universo. Il fine ultimo è quindi stabilire se la metrica informazionale possa costituire non un modello alternativo solo in linea di principio, ma una descrizione concreta della realtà cosmica così come viene registrata oggi.

Descrizione della funzione
La funzione che guida questo processo non è semplicemente un calcolo di distanze o velocità, ma una vera e propria trasformazione che reinterpreta i dati osservativi in termini di tempo. Attraverso z(t), il redshift diventa un indice del ritmo interno con cui la luce si è trasformata e con essa la materia. In questa prospettiva la storia della formazione stellare non è vista come conseguenza di una espansione dello spazio o di densità di materia più o meno abbondanti, ma come manifestazione naturale di una dinamica temporale che attraversa tre stadi principali. Il primo, caratterizzato da un avvio ancora acerbo, il secondo, in cui l’intensificazione dell’attività risponde a un equilibrio fragile ma fecondo, il terzo, in cui la maturazione del ritmo temporale porta a un calo regolare e continuo. La funzione non viene quindi trattata come uno strumento tecnico, bensì come la lente stessa attraverso cui leggere il fenomeno in tutta la sua coerenza.

Metodo di analisi
Il procedimento seguito si è basato su un campione molto ampio di punti distribuiti lungo l’intera estensione temporale, così da avere un quadro il più possibile completo. A questi punti simulativi è stata applicata la corrispondenza tra osservazioni e tempo informazionale, ricostruendo per ogni dato la posizione esatta nella sequenza temporale. L’analisi ha previsto un confronto diretto, in cui la curva teorica è stata sovrapposta a quella derivata dalle osservazioni dei grandi cataloghi del James Webb Space Telescope e dell’Hubble Space Telescope, e un confronto di tipo derivativo, volto a verificare se l’andamento delle pendenze e delle curvature si mantenesse coerente. Non ci si è limitati a una singola ricostruzione, ma sono state introdotte variazioni artificiali nei dati, eliminando campioni, inserendo rumore, cambiando i criteri di interpolazione, per testare quanto la risposta del modello fosse robusta e non dipendente da un singolo assetto numerico. L’attenzione si è concentrata non solo sulla coincidenza media ma sulla regolarità dell’intero processo, evitando che un buon risultato in un settore potesse mascherare instabilità in altri.

Risultati ottenuti
Dai controlli è emersa una sovrapposizione molto convincente tra la curva teorica e i dati osservativi, soprattutto nel settore in cui la formazione stellare raggiunge il suo massimo. La forma a campana che descrive la crescita rapida, il raggiungimento di un plateau e il successivo declino si è riprodotta con notevole precisione. Non sono state riscontrate discontinuità significative né oscillazioni spurie, e le derivate hanno confermato una regolarità che difficilmente si spiega se il fenomeno fosse legato solo a condizioni locali o contingenti. L’accordo è rimasto stabile anche dopo aver introdotto perturbazioni nei dati, ridotto la quantità di informazioni disponibili o modificato i parametri di interpolazione, il che suggerisce che la coerenza osservata non è frutto di una particolare scelta tecnica ma appartiene davvero alla struttura del modello. Le uniche differenze più marcate si registrano nelle zone più estreme, dove i dati stessi diventano più incerti, ma senza che questo comprometta il quadro generale.

Interpretazione scientifica
Questi risultati portano a concludere che la storia della formazione stellare, così come la vediamo oggi, non è una conseguenza accidentale di fenomeni locali o di correzioni ad hoc, ma una manifestazione diretta di un ritmo temporale globale che regola la capacità dell’universo di generare e sostenere nuove stelle. Il picco osservato non è il frutto di una coincidenza o di un equilibrio instabile, ma il segno del momento in cui la struttura informazionale del tempo raggiunge la massima efficienza. Allo stesso modo, la decrescita successiva non è imputabile a fenomeni di esaurimento di risorse o a dinamiche caotiche, ma alla naturale stabilizzazione della metrica. Il fatto che le derivate mantengano regolarità e continuità indica che la formazione stellare non è un processo stocastico, ma una risposta armonica e ordinata a una legge temporale sottostante, capace di unificare fenomeni che altrimenti apparirebbero scollegati.

Esito tecnico finale
Alla luce di tutte le verifiche, il test può essere considerato pienamente superato. Il modello non solo si è dimostrato in grado di riprodurre i dati disponibili con coerenza e stabilità, ma ha mostrato anche una capacità predittiva che resiste a perturbazioni e variazioni nei criteri di analisi. La metrica informazionale fornisce dunque una chiave di lettura convincente e autonoma della formazione stellare cosmica, rafforzando l’idea che non sia necessario ricorrere a ipotesi aggiuntive per spiegarne l’evoluzione. Con questo esito si consolida ulteriormente la validità del modello anche in un dominio osservativo complesso e cruciale come quello della nascita delle stelle.

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