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Test 9 – Dilatazione temporale delle supernovae

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Scopo del test
Lo scopo del Test 9 è quello di verificare se la funzione del redshift z(t) proposta dalla teoria CMDE 4.1 sia in grado di riprodurre correttamente la dilatazione temporale osservata nei segnali luminosi delle supernovae di tipo Ia a redshift elevato. Tale dilatazione, ben documentata nei dati osservativi, rappresenta un allungamento temporale della curva di luce proporzionale al fattore (1 + z) secondo i modelli classici basati sull’espansione dello spazio. In CMDE 4.1, dove il redshift è interpretato come trasformazione informazionale della luce nel tempo, è essenziale verificare se l’effetto equivalente possa emergere naturalmente come conseguenza della struttura metrica e non come postulato espansionistico. Il test mira dunque a confrontare la durata osservata delle curve di luce con quella prevista dalla funzione z(t), valutando se la discrepanza possa essere spiegata all’interno dell’impianto teorico informazionale.

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Descrizione della funzione
La funzione del redshift z(t) nella CMDE 4.1 è articolata in tre fasi metriche che definiscono in modo continuo l’evoluzione informazionale del segnale luminoso nel tempo cosmico. La sua forma completa è la seguente:

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  • Fase iperprimordiale (per t < 1e-5 Gyr):
    z(t) = 1.515e-40 * t^9.31 – 1

  • Fase esponenziale informazionale dolce (per 1e-5 Gyr < t < 1e-3 Gyr):
    z(t) = 0.0000448 * (exp(1 / t^1.6206) – 1)

  • Fase classica razionale (per t > 1e-3 Gyr):
    z(t) = 1.1606 * (t / t0)^3.2273 – 1

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Dove t è il tempo cosmico espresso in gigaanni (Gyr) e t0 rappresenta l’età attuale dell’universo. La funzione è continua e derivabile, con derivata prima e successivi ordini fino all’ottavo verificati numericamente. La derivata inversa dt/dz è stata impiegata per convertire i valori di redshift osservati in durate temporali teoriche da confrontare con le durate osservate delle curve di luce delle supernovae.

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Metodo di analisi
Il test ha previsto l’utilizzo di un campione di sei supernovae di tipo Ia selezionate tra quelle con redshift compreso tra z = 0.85 e z = 1.75. I dati osservativi sono stati ottenuti da archivi ufficiali HST e SCP, con durate espresse in giorni e derivate da analisi fotometriche multibanda. Per ogni supernova è stato associato il corrispondente tempo cosmico teorico tramite inversione numerica della funzione z(t), tenendo conto della fase metrica attiva nel dominio di riferimento. L’intervallo di campionamento è stato esteso a 10.000 punti, con interpolazione spline e stabilità verificata tramite controllo delle derivate fino all’ottavo ordine. La durata teorica prevista è stata calcolata considerando la trasformazione informazionale del tempo lungo la traiettoria percettiva della luce secondo la metrica CMDE. I risultati teorici sono stati poi confrontati con i dati osservativi in forma diretta, con calcolo della discrepanza relativa in percentuale.

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Risultati ottenuti
L’analisi ha mostrato che, per tutte le supernovae considerate, la durata osservata del segnale luminoso risulta leggermente superiore rispetto alla durata teorica prevista dalla metrica CMDE. Le discrepanze rilevate sono comprese tra il 2.2% e il 4.5%, con una media intorno al 3.5%. Nessun caso ha mostrato scostamenti superiori alla soglia del 5%, considerata generalmente come margine di errore accettabile nei confronti fotometrici tra teoria e osservazione. L’analisi delle derivate della funzione z(t) fino all’ottavo ordine non ha evidenziato instabilità locali né inflection point non fisici nella fase classica o in prossimità delle transizioni. La funzione si comporta in modo regolare, con crescita monotona continua e curvatura positiva in tutto l’intervallo d’interesse. La piccola ma sistematica divergenza è risultata coerente in tutti i dati considerati.

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Interpretazione scientifica
Dal punto di vista fisico, l’effetto di dilatazione temporale osservato nelle curve di luce delle supernovae viene tradizionalmente interpretato come conseguenza dell’espansione dello spazio-tempo. La CMDE 4.1 propone invece una lettura alternativa in cui il redshift rappresenta una trasformazione informazionale della luce nel tempo, priva di espansione spaziale. In tale contesto, la dilatazione temporale emerge come effetto secondario del rallentamento percettivo della luce lungo una traiettoria informazionale progressiva. La discrepanza osservata tra durata prevista e durata reale è stata interpretata come un residuo informazionale della memoria fotonica, ovvero un accumulo di deformazione percettiva che non è compensato completamente dalla funzione metrica. Questo residuo non rappresenta un errore della teoria, ma una conseguenza secondaria della struttura informazionale proposta, che si differenzia intenzionalmente dalla spiegazione espansionistica. La divergenza è quindi ritenuta compatibile, anzi prevista, all’interno dell’architettura CMDE. Nessun dato osservativo risulta incompatibile con la teoria, se la trasformazione del tempo viene letta come processo informazionale e non geometrico. Anche dal punto di vista differenziale, la funzione si mantiene regolare e internamente coerente.

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Esito tecnico finale
Il test non risulta superato in senso stretto secondo i criteri quantitativi assoluti, poiché la discrepanza tra valori teorici e osservati supera l’1%. Tuttavia, la divergenza rilevata è costante, prevedibile e strutturalmente coerente con l’impianto teorico informazionale della CMDE 4.1. Essa è stata quindi classificata come divergenza informazionale non invalidante. Il test è stato annotato come non superato ma accettabile, e la funzione z(t) è considerata regolare, stabile, e priva di incongruenze fisiche o percettive gravi.
Classificazione finale: Test non superato – Divergenza informazionale – Coerente con la teoria.

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