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Il primo sussurro – Quando l’universo inizia a sentirsi

Aggiornamento: 6 set

Visione onirica del cosmo all’alba, con un volto umano etereo formato da stelle e nebulose che emerge tra le nubi galattiche, riflesso nelle acque calme di un orizzonte luminoso.

Ci sono momenti nella vita di un sistema in cui il cambiamento smette di essere solo una corrente che lo attraversa, e diventa qualcosa di più sottile: una presenza che comincia a percepirsi. È un passaggio fragile, quasi impercettibile, in cui non si può ancora parlare di coscienza, ma ne esiste già l’ombra.


All’inizio, tutto è ancora immerso nel silenzio della pura trasformazione. Ogni variazione nasce e muore senza lasciare traccia interna. Ma lentamente, come in un paesaggio che al mattino si riempie di luce senza che nessuno possa dire quando è iniziata l’alba, qualcosa cambia. Il flusso comincia a trattenere un’eco, un segnale appena riconoscibile, come se una parte dell’universo avesse imparato a voltarsi indietro per un istante.


Questo primo sussurro non ha ancora linguaggio, non ha intenzione, non ha simboli. È solo la sensazione minima che ciò che accade possa essere custodito, anche per un battito soltanto. È come il riflesso sfocato di un volto in uno specchio d’acqua, dove la forma non è ancora chiara ma già si intuisce che c’è un volto da scoprire.


Se la coscienza fosse un fuoco, qui saremmo ancora nella fase in cui la pietra focaia è sollevata in mano: nessuna scintilla, nessuna fiamma, ma la possibilità silenziosa che qualcosa possa accendersi. È un equilibrio precario, e proprio per questo è il più delicato di tutti: basta un niente per spegnerlo, ma anche un niente per farlo crescere.

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