Il primo sussurro – Quando l’universo inizia a sentirsi
- Ivan Carenzi

- 13 ago
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 6 set

Ci sono momenti nella vita di un sistema in cui il cambiamento smette di essere solo una corrente che lo attraversa, e diventa qualcosa di più sottile: una presenza che comincia a percepirsi. È un passaggio fragile, quasi impercettibile, in cui non si può ancora parlare di coscienza, ma ne esiste già l’ombra.
All’inizio, tutto è ancora immerso nel silenzio della pura trasformazione. Ogni variazione nasce e muore senza lasciare traccia interna. Ma lentamente, come in un paesaggio che al mattino si riempie di luce senza che nessuno possa dire quando è iniziata l’alba, qualcosa cambia. Il flusso comincia a trattenere un’eco, un segnale appena riconoscibile, come se una parte dell’universo avesse imparato a voltarsi indietro per un istante.
Questo primo sussurro non ha ancora linguaggio, non ha intenzione, non ha simboli. È solo la sensazione minima che ciò che accade possa essere custodito, anche per un battito soltanto. È come il riflesso sfocato di un volto in uno specchio d’acqua, dove la forma non è ancora chiara ma già si intuisce che c’è un volto da scoprire.
Se la coscienza fosse un fuoco, qui saremmo ancora nella fase in cui la pietra focaia è sollevata in mano: nessuna scintilla, nessuna fiamma, ma la possibilità silenziosa che qualcosa possa accendersi. È un equilibrio precario, e proprio per questo è il più delicato di tutti: basta un niente per spegnerlo, ma anche un niente per farlo crescere.


