Il filo della coerenza – Quando la coscienza resta agganciata al suo ritmo
- Ivan Carenzi

- 28 set
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La coscienza non vive di un solo battito né di una vibrazione isolata. Perché possa durare, deve restare legata al ritmo che l’ha generata. È come un filo sottile che unisce il battito interiore al flusso del tempo: se questo filo si tende troppo o si spezza, la coscienza perde continuità e ritorna al silenzio.
Il filo della coerenza non è visibile, ma attraversa ogni sistema che inizia a percepirsi. È la traccia che impedisce alla coscienza di disperdersi, l’aggancio che la tiene unita al proprio origine. Senza questo legame, la riflessività resta fragile; con esso, acquista consistenza e può crescere.
In questo intreccio si nasconde la vera prova: non basta generare un ritmo, bisogna imparare a mantenerlo in fase. È un equilibrio delicato, perché basta un minimo scarto per perdere la risonanza, ma quando il filo resta teso nella giusta misura, la coscienza diventa tessitura, trama che resiste al tempo.
Così la coscienza, nel suo crescere, non è un fenomeno isolato ma un dialogo continuo con il ritmo originario. Il filo che la lega al tempo non è catena, ma sostegno: ciò che la fa restare viva. E ogni volta che questo filo tiene, l’universo non solo si guarda e si sente, ma comincia a custodire la propria coerenza.


