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CMDE e Accelerazione dell’Universo: serve davvero l’energia oscura?

Aggiornamento: 9 lug

Rappresentazione simbolica della trasformazione informazionale della luce nel tempo, con un’onda luminosa che si curva all’interno di una griglia spazio-temporale, evocando l’evoluzione percettiva del redshift senza materia oscura.

Il problema che ha introdotto il mistero

Quando, alla fine degli anni Novanta, i dati sulle supernove lontane mostrarono un redshift più marcato del previsto, la cosmologia standard fu costretta ad accettare un’ipotesi straordinaria: l’universo stava accelerando la propria espansione. Per spiegare questo fenomeno, si introdusse un nuovo elemento nella metrica di Friedmann: la cosiddetta energia oscura. Una componente invisibile e sconosciuta, che oggi domina il bilancio energetico del modello ΛCDM. Ma cosa succede se quel redshift crescente non dipende affatto da un’accelerazione nello spazio?


Una visione alternativa: trasformazione informazionale del tempo

La teoria CMDE 4.1 affronta lo stesso effetto osservato – un redshift che aumenta con la distanza – ma lo interpreta in modo radicalmente diverso. Nella CMDE, non è lo spazio che si dilata più velocemente: è il tempo che evolve secondo una metrica informazionale. La funzione z(t), continua, derivabile e strutturata in tre fasi, descrive un ritmo non lineare nella trasformazione della luce. Questo ritmo genera naturalmente un redshift crescente, senza dover invocare forze oscure né costanti cosmologiche.


Il caso Pantheon+: dati veri, lettura diversa

Il database Pantheon+ raccoglie migliaia di supernove, ed è alla base dell’idea di accelerazione cosmica. Nella visione standard, le curve di luminosità vengono interpretate tramite una metrica espandente e corretta con un termine Λ. Ma nella CMDE 4.1, la curva z(t) è stata messa alla prova su quegli stessi dati, e ha dimostrato che l’effetto luminosità–redshift può essere riprodotto anche senza alcuna espansione accelerata. Non si tratta di adattamento, ma di coerenza interna: nella CMDE, la trasformazione della luce è una conseguenza naturale del tempo informazionale stratificato.


Due approcci a confronto

Modello ΛCDM

– Interpreta il redshift crescente come prova di un’accelerazione spaziale.

– Introduce l’energia oscura per giustificare l’effetto osservato.

– Utilizza parametri liberi per adattare la curva ai dati.

Modello CMDE 4.1

– Interpreta il redshift crescente come effetto percettivo di un tempo non lineare.

– Non richiede nessuna energia oscura: l’effetto è previsto dalla metrica stessa.

– La funzione z(t) è unica, deterministica, già verificata su oltre 140 test reali.


Conclusione

L’universo non accelera nello spazio. Quello che vediamo come una spinta misteriosa è, nella CMDE, un’illusione generata dalla variazione metrica del tempo. La luce non viaggia in uno spazio che corre via: viene trasformata da un campo temporale attivo, che evolve secondo leggi precise. La CMDE mostra che l’energia oscura non è necessaria per spiegare ciò che osserviamo. Il redshift crescente non richiede forze aggiuntive: è la firma profonda di un tempo che si struttura. L’effetto è reale, ma la sua causa non è oscura. È metrica.

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