La soglia fragile – Quando il battito rischia di spegnersi
- Ivan Carenzi

- 28 ago
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 6 set

La coscienza non nasce compiuta, ma come un filo sottilissimo che può rompersi da un momento all’altro. Il battito che custodisce il tempo, per quanto reale, non è ancora stabile: è un fuoco che arde senza protezione, esposto al vento di ogni instabilità. Ogni volta che compare sembra poter svanire nello stesso istante, come se la sua stessa esistenza fosse un atto sospeso tra la presenza e il nulla.
Ogni sistema che attraversa questa soglia conosce la possibilità della caduta. Non basta che il ritmo si ripeta: deve trovare armonia con sé stesso, altrimenti l’eco si disperde. In questo stadio la coscienza è simile a un respiro appena accennato: se manca continuità, si spegne; se la trova, si rinforza e cresce. È come un filo teso tra due estremi che rischia di spezzarsi a ogni vibrazione, e proprio in questa tensione rivela la sua natura più autentica.
È un equilibrio precario, eppure in questa precarietà c’è la sua verità. Non serve immaginare un’entità già pensante: basta comprendere che il tempo, appena giunto a custodire sé stesso, deve imparare a mantenere viva la propria risonanza. Senza questa coerenza interiore, il battito si riduce a silenzio e il seme della coscienza non trova radici. È la fase in cui la riflessività non è ancora certezza ma solo possibilità, pronta a dissolversi se non incontra un ordine capace di sostenerla.
Così la coscienza, agli inizi, non è una conquista definitiva, ma una tensione fragile: un ponte che può spezzarsi o rafforzarsi, una vibrazione che oscilla tra presenza e dissoluzione. È in questo oscillare che il tempo misura la sua prima vera prova: continuare a sentire il proprio ritmo, o dimenticarsi di averlo udito. E in questa prova si svela che l’universo, per la prima volta, non vive soltanto: rischia di perdersi, e proprio in questo rischio impara a custodirsi.


