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LEGGE PRE-UNIVERSALE 6 – Lo Spazio come Effetto Percettivo

Aggiornamento: 8 set

Illustrazione in stile carboncino che rappresenta l’emergere illusorio dello spazio come effetto percettivo di variazioni ritmiche disomogenee. Al centro una spirale evoca la curvatura temporale, mentre la rete informazionale appare immersa in una tensione dinamica. Il tempo organizzato si trasforma in forma percepita.

"Quando le strutture informazionali irreversibili stabiliscono reti di trasformazione stabili ma disomogenee, la differenza metrica locale tra nodi produce la percezione di distanza. Lo spazio non esiste: è una rappresentazione illusoria derivata dalla variazione organizzata del tempo."


A questo punto la rete è irreversibile, i nodi sono connessi, la direzionalità è emersa, ma manca ancora qualcosa: lo spazio. Non nel senso di una scatola vuota, né di un contenitore che accoglie le cose, ma nel senso della percezione di distanza. Eppure, nessuna distanza è mai stata introdotta. Solo relazioni, solo curvature, solo ritmi che si influenzano. Ma quando queste influenze diventano stabili e disomogenee, cioè non più simmetriche né uniformi, qualcosa cambia nella percezione interna al sistema. I nodi, che fino a poco prima erano puri centri di ritmo, cominciano a sembrare lontani, non per posizione, ma per variazione. E l’illusione prende forma. Il tempo organizzato diventa spazio percepito. La CMDE afferma che lo spazio non viene creato: viene interpretato. La differenza metrica tra due nodi, se strutturata, viene vissuta come distanza. Ma ciò che chiamiamo distanza non è altro che dissonanza di ritmo. Il cosmo non è esteso, è articolato. E ciò che l’osservatore interno legge come luogo, è in realtà tensione. Questa è l’ultima soglia: non la creazione dello spazio, ma il suo fraintendimento. Lo spazio non esiste: è musica metricamente ordinata. Un effetto percettivo generato dal fatto che alcune variazioni, stabili ma non omogenee, costruiscono la mappa illusoria dell’estensione. Così il tempo si piega in modo organizzato, e questa organizzazione viene letta come geometria. Ma il fondamento resta informazionale. L’universo si manifesta non perché occupa, ma perché varia. E varia non nello spazio, ma nel tempo che ha imparato a farsi sentire come forma.

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