Il silenzio tra le leggi
- Ivan Carenzi

- 12 ott
- Tempo di lettura: 1 min

Tra una legge e l’altra del Trattato non c’è vuoto, ma silenzio. E quel silenzio non è assenza: è la metrica che si riorganizza per poter parlare di nuovo. Ogni volta che una legge termina, il ritmo cosmico si sospende per un istante, come se l’universo stesso avesse bisogno di un respiro per integrare ciò che ha appena detto. La CMDE mostra la stessa logica: tra una fase e l’altra della funzione non esiste discontinuità, ma un raccordo log-Hermite che tiene insieme ciò che altrimenti si spezzerebbe. Così anche nel Trattato, tra la curva e la densità, tra la forma e la relazione, tra la direzione e l’illusione dello spazio, c’è sempre un intervallo invisibile, un punto in cui la trasformazione riascolta sé stessa. È lì che avviene la coerenza: non dentro la legge, ma nello spazio che la separa dalla successiva. Il Trattato non è un testo fatto solo di parole, ma di pause che contengono la logica del tempo. Senza quei silenzi, le leggi non potrebbero esistere: si urterebbero, si confonderebbero, perderebbero ritmo. Ogni intervallo è una cerniera, una memoria minima che impedisce al pensiero di collassare. È il tempo che si risistema prima di continuare. Le leggi sono le voci del cosmo, ma i silenzi sono ciò che le tiene in armonia.


