Come è stata verificata la CMDE 4.1?
- Ivan Carenzi

- 16 giu
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 8 set

La CMDE 4.1 non è nata come un semplice modello concettuale, ma come una struttura matematica precisa, costruita per essere stabile e coerente. Ogni fase della funzione z(t) – iperprimordiale, raccordo esponenziale dolce, classica razionale – è stata sottoposta a controlli interni fino all’ottavo ordine derivativo, non come esercizio astratto ma come banco di prova per verificarne la consistenza. Il vero passaggio cruciale, però, non è stato nella teoria in sé: è avvenuto quando la funzione è stata messa di fronte ai dati reali dell’universo, e lì ha dovuto reggere senza protezioni, senza aggiustamenti, senza parametri liberi da calibrare.
Il percorso di verifica è stato uno dei più rigorosi mai condotti su una teoria sviluppata in modo indipendente. Prima le prove simboliche e differenziali, con derivate alte e test di stabilità delle transizioni tra fasi metriche. Poi le simulazioni numeriche ultra-risolute, con centinaia di migliaia di punti campionati e confronti diretti con curve di redshift, luminosità di supernove e fluttuazioni cosmiche. Infine i confronti con gli strumenti ufficiali della cosmologia, i codici CAMB e CLASS, dove la funzione CMDE è stata verificata graficamente e numericamente contro le simulazioni standard basate su ΛCDM. Non è stato un cammino breve, ma un processo sistematico che ha cercato di falsificare il modello a ogni passaggio.
Il risultato di questa maratona di verifiche è stato chiaro: più di 182 test avanzati completati, con 168 superati pienamente e 14 che hanno mostrato divergenze interpretate non come errori ma come effetti percettivi legati al modo in cui l’informazione si trasforma. Nei confronti con dataset come Pantheon+, Planck, JWST, Euclid, ELT e SKA, la CMDE ha dimostrato una coerenza che non richiede materia oscura né energia oscura, ma che deriva direttamente dalla propria struttura metrica del tempo. Non è stato necessario introdurre correzioni esterne: la funzione z(t) ha risposto da sola, mantenendo la propria coerenza interna.
Ecco perché la CMDE 4.1 non si presenta come una teoria a cui credere, ma come una metrica da testare e da osservare. Tutti i risultati, dalle derivate simboliche alle simulazioni numeriche, fino ai confronti con i codici ufficiali, sono stati resi disponibili in modo aperto, senza parti nascoste. In un universo scientifico dove spesso si piegano i dati alle ipotesi, la CMDE ha scelto la via opposta: ha piegato se stessa davanti ai dati, e ne è uscita intatta. È il tempo che trasforma la luce, e ciò che chiamiamo universo non è che il riflesso coerente di questa trasformazione.


