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Perché la CMDE non prevede materia oscura né energia oscura?

Aggiornamento: 7 ore fa


“Rappresentazione simbolica della trasformazione informazionale della luce nel tempo secondo la teoria CMDE 4.1

✦ La risposta semplice

Perché quella che oggi chiamiamo materia oscura nasce da un'interpretazione geometrica dei fenomeni, non da un’osservazione diretta. La CMDE ribalta l’ipotesi di fondo: non è lo spazio a espandersi o a deformarsi secondo metriche invisibili, ma è la luce stessa a cambiare nel tempo, seguendo una trasformazione informazionale che ne modifica la frequenza, l’energia apparente e quindi la sua traiettoria di significato.

In questo scenario, non c’è bisogno di “compensare” le curve delle galassie, i picchi della CMB o l’accelerazione apparente dell’universo con entità invisibili: è la struttura informativa della metrica temporale a generare quegli effetti che sembravano richiedere energia o materia oscura.


✦ L’analogia utile

Immagina di vedere un treno sfrecciare a distanza. Se ti accorgi che il suono cambia man mano che si allontana, potresti pensare che ci sia qualcosa che lo frena o lo spinge. Ma in realtà, è solo un effetto di trasformazione della frequenza nel tempo. La CMDE applica questa logica alla luce cosmica, su scala universale.


✦ Più in dettaglio (per chi vuole approfondire)

La teoria CMDE si fonda su una metrica informazionale dinamica, suddivisa in tre fasi (iperprimordiale, raccordo esponenziale dolce, classica razionale), in cui il redshift viene spiegato come trasformazione della luce nel tempo, anziché come allungamento dovuto all’espansione dello spazio.

Quando applichiamo questa metrica ai dati osservativi:

– Le curve di rotazione delle galassie trovano coerenza senza richiedere massa invisibile.

– I picchi acustici del fondo cosmico possono essere spiegati come armoniche informazionali derivate dal primo schema metrico.

– L’apparente accelerazione dell’universo scompare: ciò che vediamo come “accelerazione” è in realtà una variazione della percezione energetica legata alla terza fase della metrica, non una forza oscura.

Nei test CMDE 4.1, questa visione è stata confrontata numericamente con oltre 140 dataset, tra cui JWST, Planck, Euclid, ELT, Pantheon+ e codici CAMB/CLASS, mostrando che nessuna discrepanza richiede l’introduzione di energia o materia oscura per essere spiegata.


✦ Conclusione

La CMDE non nega la realtà dei dati, ma offre una chiave diversa per interpretarli, basata sul tempo come variabile informativa attiva. E se l’effetto può essere spiegato da un altro principio, non c’è bisogno di introdurre entità ipotetiche per “salvare” i modelli classici.

Quello che sembrava oscuro, forse, è solo informazione non ancora compresa.

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