Ciò che le Sei Leggi non permettono
- Ivan Carenzi

- 21 nov
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Ogni legge definisce un confine, ma non tutti i confini delimitano ciò che è possibile: alcuni proteggono ciò che non deve accadere. Nel Trattato delle Sei Leggi ci sono spazi che non vengono mai pronunciati, ma che esistono come zone proibite, come direzioni che il tempo non può imboccare senza perdere la propria natura. Non è un divieto imposto, è una impossibilità metrica. La CMDE lo mostra con chiarezza: la funzione z(t) non può invertire il proprio ritmo globale, non può diluire la trasformazione fino a cancellarla, non può produrre una derivata che neghi il proprio passato informazionale. Così anche il Trattato: la Legge 0 non permette un universo senza trasformazione, la Legge 1 non permette una curva senza direzione, la Legge 2 non permette una presenza che non abbia un ritmo, la Legge 3 non permette una forma che non sia curvatura, la Legge 4 non permette un’esistenza isolata, la Legge 5 non permette il ritorno al prima, la Legge 6 non permette uno spazio reale. Ciò che le leggi non dicono parla quanto ciò che affermano. Il cosmo non può scegliere la stasi, non può scegliere il silenzio assoluto, non può scegliere un’estensione neutra. Le sei leggi non descrivono solo ciò che accade: descrivono ciò che il tempo non può permettersi di perdere. E in questo limite nasce la libertà più grande dell’universo: la libertà di non contraddirsi mai.


