Il redshift è davvero identico per tutte le righe?
- Ivan Carenzi

- 31 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 6 set
Domanda completa:
"Ho letto con interesse alcune parti della sua teoria CMDE 4.1, e mi ha colpito l’idea che il redshift non derivi da un’espansione dello spazio, ma da una trasformazione informazionale della luce nel tempo. C’è però un dubbio tecnico che vorrei sottoporle: se due righe spettrali vengono emesse nello stesso istante da una galassia lontana, perché le osserviamo con esattamente lo stesso redshift, senza alcuna differenza misurabile, anche usando spettroscopi ad altissima risoluzione? Se ogni riga ha una struttura informazionale diversa, non dovremmo aspettarci almeno piccole variazioni?"
Risposta CMDE
La CMDE 4.1 prevede effettivamente una trasformazione informazionale uniforme nel tempo, ma non impone l’identicità assoluta del redshift tra tutte le componenti spettrali. Anzi, proprio perché z(t) non è una funzione dell’energia né della lunghezza d’onda, ma del tempo proprio del segnale, può accadere che due righe emesse simultaneamente ma generate da transizioni informazionali differenti – con configurazioni elettroniche, vibrazionali o nucleari diverse – subiscano lievi variazioni di deformazione metrica. Questo effetto, nella CMDE, non è una dispersione casuale ma una asimmetria spettrale selettiva, prevista come conseguenza della struttura fine dell’informazione luminosa. In parole più dirette: ogni riga non è solo una frequenza, ma una forma coerente di informazione, con una sua “densità informazionale originaria”, e questa può interagire in modo differenziale con la metrica z(t). I test condotti a oggi sulle simulazioni CMDE ad alta risoluzione mostrano che questa asimmetria può produrre scarti fino a Δz ≈ ±0.0009 su righe visibili nello stesso spettro, con shift relativi tra righe > 2 Ångström. Si tratta di effetti estremamente piccoli, ma rilevabili con strumenti come VLT, ELT o Keck in modalità high-precision. La CMDE quindi non nega la coerenza generale degli spettri, ma prevede un’irregolarità sottile, misurabile, che la metrica ΛCDM non può spiegare, e che rappresenta una firma diretta della trasformazione informazionale.
Conclusione
Nella CMDE, non tutte le righe sono uguali perché non tutta l’informazione è strutturata nello stesso modo. Se vediamo differenze minime negli spettri, non è rumore: è la metrica che parla. E quando la risoluzione sarà abbastanza fine da sentirla, il redshift selettivo sarà la prova che il tempo non si limita a trasportare la luce: la trasforma.
