Identità informazionale: ciò che rende qualcosa se stessa
- Ivan Carenzi

- 9 nov
- Tempo di lettura: 2 min

Quando pensiamo all’identità, la immaginiamo come qualcosa di solido: il volto che riconosciamo allo specchio, la storia che ci portiamo dietro, il modo in cui una cosa rimane se stessa anche mentre il tempo scorre. Ma se osserviamo più da vicino, ci accorgiamo che tutto cambia: le cellule si rinnovano, i pensieri mutano, le forme si trasformano. Eppure, qualcosa resta. Nella Fisica Informazionale, questa continuità non è un mistero, ma il risultato del modo in cui l’informazione si organizza e custodisce una traccia stabile nel mezzo del cambiamento.
Ogni essere, ogni sistema, ogni struttura possiede un suo disegno informazionale: un pattern che rimane riconoscibile anche quando le parti si modificano. Un volto invecchia, ma la sua armonia interna rimane; un albero cresce, ma il suo ritmo di sviluppo è lo stesso; una stella evolve, ma il suo comportamento segue un filo che non si spezza. L’identità, in questa visione, non è un oggetto immobile, ma un equilibrio dinamico: un modo particolare che l’informazione ha di mantenere un centro mentre tutto intorno si muove.
Questo rende l’identità qualcosa di molto diverso da un’etichetta o da una forma esterna. È una coerenza profonda, una continuità di relazioni che si rinnova a ogni istante. La materia cambia, l’energia fluisce, ma la struttura informazionale conserva una sua impronta, un modo unico di rispondere, adattarsi, trasformarsi. È come un’onda che mantiene la stessa forma mentre attraversa il mare: non è fatta delle stesse gocce d’acqua, eppure resta se stessa.
Vedere l’identità in termini informazionali significa riconoscere che nulla si conserva per pura inerzia: ciò che rimane esiste perché si riorganizza continuamente. Ogni cosa, per restare se stessa, deve cambiare nel modo giusto. È questa continuità nel mutamento — questa stabilità che vive nella trasformazione — che la Fisica Informazionale legge come la firma profonda di ogni esistenza.


