Il tempo non misura: agisce
- Ivan Carenzi

- 6 ott
- Tempo di lettura: 1 min

Siamo abituati a pensare al tempo come a un numero che scorre, un valore che si aggiunge a ogni istante, una coordinata su cui appoggiare gli eventi. Ma nella CMDE 4.1 il tempo non è qualcosa che si misura: è ciò che misura tutto il resto. Non è un fiume che trasporta gli eventi, è la corrente stessa che li genera.
In questa visione, il tempo non osserva, ma interviene. Non è un parametro esterno, ma il campo attivo che decide come l’informazione si trasforma. Ogni fotone, ogni particella, ogni traccia di luce non è immersa in un tempo neutro: è parte della sua azione. Quando la funzione z(t) descrive la trasformazione informazionale, non sta fotografando un ritmo esterno, ma racconta la dinamica interna del tempo stesso che si modula, si curva, si riorganizza.
Nel modello classico, il tempo è subordinato allo spazio: viene piegato, dilatato, deformato dalla geometria. Nella CMDE avviene il contrario: è il tempo a determinare la geometria, a generare la percezione dello spazio, a dare forma a ciò che chiamiamo realtà. Non esiste un “dove” indipendente dal “quando”, perché il quando è l’unica struttura capace di creare il dove. Il tempo diventa il vero campo cosmico, la matrice informazionale da cui tutto prende forma.
Capire questo passaggio significa comprendere il cuore della CMDE. Il tempo non si limita a scorrere: orchestra, plasma, struttura. È il principio attivo che fa esistere la luce e, attraverso di essa, l’universo osservabile. Non misuriamo il tempo: lo abitiamo. E ogni misura che crediamo di compiere è solo il modo con cui il tempo stesso si lascia riflettere attraverso di noi.


