Se il redshift evolve nel tempo, perché non cambia mai quando lo osserviamo?
- Ivan Carenzi

- 4 ott
- Tempo di lettura: 2 min
Domanda completa:
"Le confesso una curiosità che mi accompagna da tempo: se nella CMDE il redshift è davvero una trasformazione che evolve nel tempo informazionale, perché i valori che misuriamo restano identici anche dopo decenni di osservazioni? Dalle galassie alle supernove, nessuno strumento ha mai registrato una variazione reale. Non dovrebbe esserci, almeno in teoria, un piccolo scarto accumulato nel tempo?"
Risposta CMDE
La questione è legittima e tocca il cuore stesso della logica informazionale. La CMDE 4.1 distingue tra la trasformazione globale del tempo cosmico e il tempo proprio locale dell’osservatore. La funzione z(t) evolve continuamente, ma nel dominio del tempo cosmico — una scala immensamente più lunga di quella su cui operano gli strumenti umani. L’universo, nella visione CMDE, si trasforma senza tregua, ma la velocità di questa trasformazione, vista con i nostri orologi, è così minima da risultare impercettibile. Esiste poi un principio di auto-coerenza locale: ogni osservatore, in qualunque epoca, misura il redshift rispetto al proprio tempo proprio, trovando sempre la stessa relazione. Ciò significa che la stabilità osservata non è un segno di immobilità, ma l’effetto di una perfetta sincronia tra la trasformazione globale e il riferimento locale. La CMDE non descrive un universo che smette di cambiare, ma un universo che si trasforma in modo così coerente da rendere invarianti le sue relazioni interne. Per questo motivo, due osservatori separati da milioni di anni o da intere ere cosmiche troverebbero la stessa struttura di z(t), pur vivendo tempi diversi. Ciò che cambia davvero non è la misura, ma il ritmo invisibile che la regola: la trasformazione informazionale del tempo, che mantiene l’universo coerente su ogni scala e in ogni epoca.
Conclusione
La CMDE non prevede redshift che mutano da un decennio all’altro, ma una continuità assoluta della trasformazione. La stabilità che osserviamo non è un’eccezione, è la prova della coerenza profonda del tempo informazionale, che si muove sempre, ma senza mai contraddirsi.
