Il presente non è neutro: la CMDE e l’assenza del redshift zero
- Ivan Carenzi
- 29 lug
- Tempo di lettura: 2 min

Tutti credono che ci sia un momento, uno solo, in cui l’universo si ferma. Un istante in cui il redshift è zero, il tempo è adesso, e tutto è in equilibrio. Ma nella CMDE, questo momento non esiste. La funzione z(t), che descrive la trasformazione informazionale della luce nel tempo, non attraversa mai il valore zero. Neanche ora. Neanche nel cosiddetto “presente”.
Questo potrebbe sembrare un dettaglio tecnico, ma è in realtà un colpo profondo all’idea stessa di neutralità temporale. Perché se z(t) non vale mai zero, significa che non esiste mai un istante di perfetto equilibrio metrico. Tutto è sempre in lieve trasformazione. Anche quello che chiamiamo “adesso”.
La CMDE non prevede un punto fermo. Non c’è un centro, un istante privilegiato, un tempo che si possa chiamare “assoluto presente”. Ogni istante è ancora informazionalmente attivo. Ogni fotone che riceviamo è ancora leggermente spostato, ancora un po’ trasformato, ancora portatore di un tempo che evolve.
Questo ha una conseguenza straordinaria: non siamo mai “nel presente”. Siamo sempre in un flusso, in un movimento che non si arresta, in una curvatura leggera ma incessante del tempo informazionale. L’universo, nella CMDE, non ci concede neutralità. E proprio per questo, ci obbliga a comprendere che anche ora, anche qui, siamo dentro una trasformazione.
Questa assenza del redshift zero non è una mancanza. È una rivelazione. È il segno che la metrica CMDE non ha un punto di arrivo, né un punto di partenza. Solo una continuità. Una storia che non si ferma mai per farsi raccontare. Un tempo che non si mette in posa. Un universo che non si offre mai come presente assoluto, ma solo come transizione viva.
Forse è proprio qui il cuore della CMDE: non spiegare da dove veniamo, né dove andiamo, ma perché non possiamo mai essere esattamente qui.