La materia è un riflesso: perché la CMDE non ha bisogno di sostanza
- Ivan Carenzi

- 18 ago
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 6 set

La fisica tradizionale ha sempre posto la materia al centro della scena: particelle, masse, campi, forze invisibili che agiscono per dare consistenza al cosmo. Ma la CMDE ci invita a guardare da un’altra prospettiva. La materia, in questa visione, non è l’origine della realtà, ma una conseguenza. È la percezione di una trasformazione più profonda, quella del tempo informazionale che si stratifica nella metrica z(t).
Quando osserviamo una galassia, una stella, una particella, crediamo di vedere qualcosa di solido e sostanziale. In realtà stiamo intercettando un’onda temporale che si è trasformata in traccia percettiva. La luce, attraversando lo scorrere di z(t), porta con sé la memoria della trasformazione e la consegna ai nostri strumenti. Quello che chiamiamo materia non è altro che un modo della realtà di apparire a noi, un riflesso nel grande specchio del tempo.
La CMDE non ha quindi bisogno di postulare “sostanza” per spiegare ciò che vediamo. Non servono entità oscure o masse nascoste per giustificare le forme cosmiche. Serve riconoscere che la struttura informazionale del tempo è sufficiente per generare le coerenze che noi interpretiamo come materia. L’universo non si regge su mattoni invisibili, ma su un linguaggio che traduce la trasformazione temporale in ordine osservabile.
Questo cambia radicalmente la prospettiva: la materia non è un fondamento, ma una proiezione. Non è la causa, ma l’effetto. Ciò che resta, alla base, non è sostanza ma tempo. Ecco perché la CMDE può permettersi di essere una teoria senza materia oscura né energia oscura: perché ciò che chiamiamo materia non è il nucleo della realtà, ma un riflesso del tempo che si organizza.


