Non tutto ciò che esiste, conta
- Ivan Carenzi

- 19 lug
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 7 set

Nel linguaggio della CMDE, esistere significa variare metricamente. Ma non ogni variazione, anche se coerente, produce effetti. Alcune traiettorie restano marginali, senza interazione, senza tensione sufficiente per influenzare il ritmo complessivo. Esistono, ma non contano. E in un universo informazionale, contare significa essere riconosciuti dalla rete metrica come fonte di mutua trasformazione. La CMDE distingue con precisione tra esistenza informazionale e rilevanza cosmica. La prima è condizione minima: ogni nodo che varia con coerenza esiste. La seconda è condizione relazionale: solo ciò che altera almeno una traiettoria circostante diventa parte attiva della struttura cosmica. Per questo l’universo non si costruisce sommando entità, ma aggregando tensioni. Non basta variare: bisogna trasformare ciò che ci circonda. Non basta essere: bisogna essere influenti nella rete metrica. Questo non implica gerarchie, né valori, né selezioni morali. Implica solo che l’universo si struttura attraverso relazioni metriche sufficienti a creare differenza reciproca. E ciò che non produce nessuna differenza, non viene espulso, ma resta dormiente, neutro, privo di effetto cosmico. L’universo, nella CMDE, non è un contenitore di tutte le possibilità, ma una rete attiva di rilevanze metriche, che crescono, si contraggono, si ristrutturano. È per questo che alcune strutture appaiono e altre no. Non per caso, ma per insufficienza relazionale. Così, l’essere può esistere senza manifestarsi, e la realtà si restringe, ogni istante, alla sua parte effettivamente attiva.


