Lo spazio c’è ancora? Cosa resta quando la metrica misura solo il tempo
- Ivan Carenzi

- 7 ago
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 6 set

Chi legge la CMDE per la prima volta si chiede, quasi inevitabilmente: ma lo spazio, che fine fa? Se tutto è basato sul tempo, se la metrica misura solo trasformazioni informazionali, se z(t) non parla di distanze, allora lo spazio è stato eliminato? Cancellato? Superato? La risposta, come sempre nella CMDE, non è né sì né no: è trasformata. Lo spazio c’è ancora, ma non è più un punto di partenza. È un derivato. Non si misura lo spazio per ottenere la realtà: si ricostruisce lo spazio a partire da una trasformazione del tempo.
Nella CMDE 4.1 non si nega l’esistenza dello spazio percepito. Si dice solo che non è ciò che va misurato per capire il cosmo. Non è lo sfondo su cui le cose accadono. È ciò che emerge come percezione, una volta che la luce si è trasformata nel tempo. Ogni volta che vediamo qualcosa lontano, non stiamo vedendo una distanza nello spazio: stiamo vedendo il risultato di un cambiamento informazionale. E quel cambiamento è avvenuto in una curva temporale, non lungo una traiettoria spaziale.
La CMDE non è contro lo spazio: è oltre lo spazio come struttura metrica originaria. Sostituisce l’idea che lo spazio sia il contenitore neutro degli eventi con l’idea che lo spazio sia un effetto secondario della trasformazione della luce nel tempo. È un fenomeno di ricostruzione cognitiva, non un ente fisico da misurare in partenza.
Questo significa che ciò che noi chiamiamo “spazio” può ancora essere rappresentato, visualizzato, persino tracciato su una mappa. Ma non è più ciò che determina la realtà: è ciò che la coscienza inferisce da una variazione temporale. Come un’eco interpretativa. Un effetto di secondo livello.
La CMDE restituisce al tempo una centralità assoluta, non perché neghi lo spazio, ma perché lo riconosce come un'esperienza, non una struttura. E quando si accetta questa inversione, molte delle domande che sembravano inspiegabili nel modello standard iniziano ad avere senso. Le galassie non si muovono via: si trasformano nel tempo e generano un’illusione di distanza. La luce non viaggia: si evolve. Lo spazio non si espande: viene dedotto.
E così si comprende il cuore silenzioso della metrica CMDE: non è lo spazio che genera il tempo. È il tempo che fa emergere lo spazio come una sua impronta percettiva.


