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Il redshift informazionale può essere confuso con rumore strumentale?

Aggiornamento: 6 set

Domanda completa:

"Le pongo un dubbio pratico: noi che lavoriamo con spettrografi e radiotelescopi sappiamo quanto sia sottile il confine tra segnale cosmologico e rumore strumentale. Se la CMDE 4.1 afferma che il redshift è una trasformazione informazionale continua della luce, non rischia di renderlo indistinguibile dal rumore sistematico degli strumenti? In altre parole: come fa a garantire che quello che interpreta come effetto metrico non sia invece solo un artefatto di calibrazione?"

Risposta CMDE

La CMDE 4.1 tiene ben distinta la questione del rumore strumentale da quella della trasformazione informazionale. Il rumore, nelle osservazioni, è una componente locale, casuale o sistematica, che agisce sul segnale durante la misura. Può essere filtrato, modellato e compensato, e cambia da strumento a strumento. La trasformazione informazionale invece non è locale, non è dipendente dallo strumento, e non varia da telescopio a telescopio: è la stessa per Euclid, SKA, JWST o un radiotelescopio a terra, perché è legata al tempo proprio del segnale e non alla catena di misura. La differenza si coglie nei confronti incrociati: se un effetto appare solo in un dataset, è rumore; se si ripresenta con la stessa coerenza in bande diverse, in strumenti diversi e in epoche diverse, allora è trasformazione. Il redshift informazionale della CMDE si comporta esattamente così: è uniforme across bande, indipendente da sensibilità e risoluzione, e segue una legge predittiva precisa, z(t). È questo che permette di distinguerlo dal rumore, che non può riprodurre coerenza globale né mantenere continuità metrica tra più osservatori. In altre parole, ciò che sembra "sospettosamente ordinato" per un ingegnere strumentale è proprio il segno che non si tratta di rumore: nessun artefatto strumentale può generare un pattern che regge su miliardi di anni di viaggio della luce e su decine di survey indipendenti.


Conclusione

La CMDE non confonde rumore e segnale: li separa. Dove il rumore si disperde, la trasformazione informazionale resta. Ed è proprio questa resistenza alla diversità di strumenti e condizioni osservative a costituire la prova più solida che il redshift non è un difetto di misura, ma il ritmo stesso del tempo.

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