Perché il tempo va in logaritmo: il passo nascosto della CMDE
- Ivan Carenzi

- 26 nov
- Tempo di lettura: 2 min

Quando si guarda la CMDE 4.1 dall’esterno si vede una sola curva, z(t), che attraversa l’universo dalle origini fino al presente. Ma dietro quella curva c’è una scelta silenziosa che raramente le teorie cosmologiche spiegano: a un certo punto, il tempo viene “girato” in logaritmo. Nella fase intermedia la CMDE non lavora più con il tempo nudo, ma con il suo logaritmo. Non è un trucco matematico, non è un artificio per far funzionare i conti: è una scelta informazionale precisa. È come decidere di leggere un libro non solo riga per riga, ma capitolo per capitolo, perché la storia non si sviluppa tutta alla stessa scala.
L’universo non vive tutti i suoi istanti allo stesso ritmo. I primi frammenti di tempo contengono cambiamenti enormi, compressi in intervalli minuscoli, mentre le epoche più mature evolvono in modo più lento e strutturato. Se usassimo sempre lo stesso modo di contare il tempo, i primi momenti resterebbero schiacciati, invisibili, come un’intera sinfonia ridotta a un singolo battito. Portare il tempo in logaritmo, in CMDE, significa dare spazio a quelle fasi iniziali senza perdere il contatto con le epoche più tarde. Il logaritmo stende il tappeto tra i primi passi iperprimordiali e il tempo classico, permettendo alla metrica di restare continua, dolce, leggibile.
Pensare in logaritmo, nella CMDE, vuol dire accettare che l’universo non cresca in modo lineare, ma per ordini di grandezza. Ogni salto di scala temporale non è solo “più tempo”, è un nuovo strato di organizzazione informazionale. Scrivere il tempo in logaritmo equivale a mettere sullo stesso foglio la nascita del ritmo e la sua maturità, senza dover spezzare la legge in pezzi arbitrari. È il modo più naturale per far sì che la fase di raccordo non sia una toppa, ma un vero ponte: una regione in cui il tempo impara a passare dal linguaggio dei lampi iperprimordiali a quello delle evoluzioni lente e razionali.
Per questo, nella CMDE, il logaritmo del tempo non è un dettaglio tecnico nascosto nelle formule: è un atto di onestà verso l’universo. Significa riconoscere che il tempo non si lascia misurare con un solo metro rigido, ma richiede uno sguardo che sappia comprimere e dilatare le scale senza rompere la coerenza. È il modo in cui la metrica rispetta il proprio oggetto: invece di forzare il cosmo dentro una griglia comoda, cambia coordinate per seguirne il vero respiro. Il logaritmo del tempo è il punto in cui la CMDE smette di descrivere il tempo dall’esterno e comincia a parlare la sua lingua interna.


