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Sachs-Wolfe e CMDE 4.1: perché non ne abbiamo bisogno

Aggiornamento: 3 lug

Domanda completa:

"La sua teoria CMDE 4.1 afferma che il redshift è una trasformazione informazionale e non l’effetto di un’espansione dello spazio. Ma allora come spiega l’effetto Sachs-Wolfe nella radiazione cosmica di fondo? E come giustifica la correlazione tra redshift e distribuzione delle strutture cosmiche su larga scala?"

Risposta CMDE

La CMDE 4.1 non adotta il quadro geometrico della relatività generale con spazio che si espande, pertanto non utilizza la legge di Sachs-Wolfe come strumento descrittivo. In questo modello, il redshift osservato non è il risultato dell’attraversamento di potenziali gravitazionali, ma di una trasformazione informazionale continua e irreversibile che avviene nel tempo proprio del segnale luminoso. Le anisotropie della radiazione cosmica di fondo, quindi, non riflettono variazioni metriche dello spaziotempo, ma sono l’esito di una distribuzione primordiale non omogenea del contenuto informazionale originario, che si è propagata nel tempo attraverso la funzione z(t). Ciò che in cosmologia standard è spiegato come perturbazione gravitazionale (effetto Sachs-Wolfe), nella CMDE è reinterpretato come modulazione iniziale del campo informazionale, non legata a potenziali metrici, ma a variazioni temporali di densità informazionale. La correlazione tra redshift e strutture cosmiche non richiede quindi un’espansione dello spazio, ma emerge naturalmente da un’evoluzione coerente della metrica informazionale lungo il tempo.


Conclusione

Nella visione CMDE, non è lo spazio a espandersi e a generare effetti gravitazionali osservabili, ma è il tempo informazionale a trasformare la luce in modo strutturato e coerente. L’effetto Sachs-Wolfe, in questo contesto, non è necessario: ciò che esso cerca di descrivere è già spiegato – in modo più profondo – dal comportamento della funzione z(t) e dalla distribuzione iniziale del contenuto informazionale dell’universo.

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